Dizionario (fuor di metafora) (io-nn-11 g)
Parola: TEMPO
Concetto: l'uomo schiavo del tempo o il tempo condizionato dall'uomo?

"L'europeo e l'africano hanno un'idea del tempo completamente diversa, lo concepiscono e vi si rapportano in modo opposto. Nel concetto europeo il tempo esiste obiettivamente, indipendentemente dall'uomo, al di fuori di esso, ed è dotato di qualità misurabili e lineari. (...) L'europeo si sente schiavo del tempo, ne è condizionato, è il suo suddito in tutto e per tutto. Per esistere funzionare deve osservare le sue ferree e inamovibili leggi, i suoi rigidi principi e le sue regole. Deve rispettare date, scadenze, giorni e orari. Si muove solo negli ingranaggi del tempo, senza i quali non può esistere. Ne subisce i rigori, le esigenze e le norme. Tra l'uomo e il tempo esiste un conflitto insolubile che si conclude inevitabilmente con la sconfitta dell'uomo: il tempo annienta l'uomo.
Gli africani autoctoni, invece, intendono il tempo in modo completamente opposto. Per loro si tratta di una categoria molto più flessibile, aperta, elastica, soggettiva. È l'uomo (un uomo, beniteso, che agisca conformemente al volere degli antenati e degli dei) che
influisce sulla forma del tempo, sul suo corso e ritmo. Il tempo è addirittura qualcosa che l'uomo può creare: infatti l'esistenza del tempo si manifesta attraverso gli eventi, e che un evento abbia luogo oppure no dipende dall'uomo. (...) Il tempo si manifesta per effetto del nostro agire (...). È come una materia sempre pronta a rinascere sotto il nostro influsso ma che, se non le trasmettiamo energia, cade in uno stato di ibernazione o addirittura di non essere. Il tempo è un'entità inerte, passiva e soprattutto condizionata dall'uomo. L'esatto contrario del modo di pensare europeo.
Tradotto in pratica, significa che se ci rechiamo in un villaggio dove nel pomeriggio deve tenersi una riunione e sul luogo stabilito non troviamo nessuno, non ha senso chiedere: "Quando comincia la riunione?". La risposta è scontata: "Quando tutti saranno arrivati".
E, quindi, salendo in autobus, la'fricano non chiede quando si parte. Sale, occupa un posto libero e sprofonda immediatamente nello stato in cui trascorre buona parte della propria vita: l'attesa passiva."

Ryszard Kapuscinski, Ebano, Feltrinelli, Milano 2000; pagina 20-21


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