BOLIVIA - Tra le comunità dei mennoniti
LONTANI DAL MONDO
Parlano un’altra lingua. Rifiutano la modernità. Vivono separati dal resto del paese, chiusi nelle loro colonie. Abilissimi agricoltori, hanno reso produttive le praterie attorno a Santa Cruz de la Sierra. Sono i mennoniti, una setta cristiana anabattista nata in Europa agli inizi del XVI secolo.
di Paolo Moiola
San José de Chiquitos - Escono in gruppo, le donne al centro, gli uomini ai lati. Anche non volendo essere curiosi, è impossibile non notarli. Capelli biondi e pelle chiara da queste parti non sono la consuetudine. "Sono mennoniti" ci sussurra la signora che serve la colazione. Lasciamo il comedor per l’adiacente, luminosissima piazza. Le macchine sono pochissime e limitate a qualche furgone da lavoro. La chiesa di San José è una bellissima ex missione gesuitica. Dal punto di vista architettonico, si differenzia dalle altre missioni dei chiquitos, perché non è costruita in legno ma in pietra. Sotto i porticati che circondano parte della piazza passeggiano, inconfondibili, altri mennoniti. Qualsiasi età abbiano, gli uomini vestono tutti in maniera identica: una salopette blu in stoffa di jeans. Sulla testa degli adulti un cappello di paglia a tese larghe, su quella dei più giovani un berretto a visiera. Le donne sembrano appartenere ad un’altra epoca. Indossano vestiti larghi con gonne lunghe fin sotto il ginocchio e calze pesanti. In testa portano un foulard di cotone bianco e sopra un cappello di paglia ingentilito da un nastro blu. Sui gradini davanti al bazar siedono alcune di loro. Sembrano in attesa del rientro alla colonia di appartenenza. A pochi metri di distanza stanno due carrozze a cavallo. Gli unici mezzi a motore consentiti sono quelli che servono al lavoro (di solito vecchi trattori con ruote di ferro o di gomma) e, comunque, appartengono sempre alla comunità, mai ad una singola persona. Come gli amish della Pennsylvania (e gli hutteriani del South Dakota), i mennoniti danno grande importanza ad una vita semplice incentrata sul lavoro e la famiglia, rifuggendo i simboli esteriori del mondo moderno. Riusciamo a scambiare qualche parola con il giovane Cornelius, che parla uno spagnolo approssimativo e fortemente accentato. "Veniamo a San José due volte la settimana. In piccoli gruppi. Vendiamo i nostri prodotti, soprattutto latte e formaggio. Qualcuno va dal medico. Compriamo il poco che ci manca". Dire che le comunità mennonite della Bolivia vivano in modo austero è un eufemismo. Non hanno né elettricità né telefono né mezzi di trasporto individuali. Dalla loro quotidianità sono bandite tutte le comodità e lusinghe della civiltà contemporanea. I villaggi (detti "campos") sono praticamente autosufficienti: i mennoniti si costruiscono quasi tutto. "La comunità è molto chiusa" ci conferma suor Estefanina Giacoma, un’italiana di Cuneo, da 12 anni direttrice della locale scuola elementare "Santa Clara", che ospita ben 450 alunni. "I loro bambini (e sono molti) non frequentano le scuole boliviane, ma soltanto quelle della colonia. Le lezioni sono tenute nel particolare dialetto tedesco che da secoli si tramandano. La bibbia è il libro fondamentale. Spesso l’unico".
I loro antenati provenivano dalla Frisia, nei Paesi Bassi. Erano seguaci di Menno Simons, un prete che aveva lasciato il cattolicesimo dopo essere stato attratto dal movimento anabattista, una setta radicale protestante che dalla Svizzera si diffuse nelle regioni germaniche al tempo di Martin Lutero. La storia dei mennoniti è una storia di persecuzioni e di migrazioni, alla ricerca di terre vergini e di governi tolleranti. Abbandonata prima la Svizzera poi anche l’Olanda (erano i tempi dell’inquisizione), i mennoniti si stabilirono in Prussia. Tra il 1789 e il 1820, molti emigrarono nella Russia di Caterina II, a causa del crescente militarismo dello stato prussiano. Questo aveva abolito alcuni privilegi di cui avevano goduto fino ad allora, soprattutto l’esenzione dal servizio militare. I mennoniti furono invitati ufficialmente dal governo di Caterina II, secondo un metodo che sarebbe poi stato alla base di tutte le loro migrazioni. Ma, tra il 1874 e il 1880, anche l’amministrazione russa cambiò atteggiamento, imponendo restrizioni sempre più pesanti, tanto che circa 20 mila mennoniti decisero di emigrare negli Stati Uniti e in Canada. Una seconda ondata migratoria verso il Nordamerica, ma anche verso l’Argentina e soprattutto il Paraguay (regione del Gran Chaco), ebbe luogo tra il 1923 e il 1930, in seguito alla rivoluzione bolscevica. Nel 1922 alcune migliaia di mennoniti lasciarono il Canada per il Messico settentrionale e il Paraguay. I primi mennoniti arrivarono in Bolivia nel 1957, su invito dell’allora presidente Víctor Paz Estenssoro, che voleva popolare le desolate pianure orientali con gente capace di renderle produttive. Una scommessa ampiamente vinta: oggi, nelle grandi fattorie dei mennoniti si coltivano con profitto soia, mais, frumento e si allevano animali. Il "Comitato centrale mennonita" stima che in Bolivia i seguaci di Menno Simons siano 33-35 mila, divisi in una quarantina di colonie (Riva Palacios, Swift Current, Santa Rita, ecc. ). I mennoniti della Bolivia sono conosciuti come i più conservatori. Non si mescolano con i boliviani; rifiutano i matrimoni misti; non partecipano alla vita politica "per non contaminarsi con le cose del mondo".
San José de Chiquitos dista 300 chilometri di strada bianca da Santa Cruz de la Sierra, capoluogo della regione. Incrociamo un vecchio trattore, che avanza lentissimo sulla strada sconnessa. È guidato da due mennoniti, cappello di paglia e salopette blu. Sul rimorchio siedono donne e bambini. Ci guardano di sfuggita, senza alcuna apparente curiosità. Tra un sobbalzo e l’altro, con la polvere che non dà scampo, alcune domande si affollano nella testa. Riusciranno queste colonie a rimanere ancora separate dal resto del mondo? Riusciranno i mennoniti a difendere la loro scelta esistenziale dall’invadenza di stili di vita ormai diffusi a livello planetario?
Paolo Moiola
I MENNONITI: scheda anagrafica
Nascita: la prima comunità mennonita nacque intorno al 1520 in Svizzera per opera di Conrad Grebel, un discepolo di Zwingli Fondatori: Conrad Grebel (1498-1526) e Menno Simons (1496-1561), sacerdote olandese da cui i mennoniti presero il nome Lingua: il "plattdeutsch", un idioma derivato dal tedesco degli avi Popolazione: circa 500.000 Fondamenti religiosi: rientrano nella setta cristiana degli "anabattisti pacifici"; rifiutano il battesimo degli infanti, il giuramento e l’uso delle armi; confessano la Trinità cristiana, praticano il battesimo dei soli adulti e la comunione sotto le due specie (pane e vino) Organizzazione sociale: i mennoniti insistono sul carattere comunitario della vita cristiana e si tengono distaccati dalla società circostante, di cui rifiutano funzioni e cariche; ogni donna sposata mette al mondo in media 10 figli Organizzazione economica: di tipo chiuso, autarchico; da sempre, i mennoniti sono famosi come artigiani e ottimi agricoltori Divisioni interne: i diversi atteggiamenti rispetto al "resto del mondo" e alla "modernità" hanno prodotto alcune divisioni all’interno dei mennoniti; i gruppi più conservatori sono conosciuti con il nome di "Vecchio ordine dei mennoniti"; la scissione più nota è quella degli amish della Pennsylvania (Stati Uniti), avvenuta nel 1693 Distribuzione geografica: in Europa sono rimaste poche comunità (in Svizzera, Olanda, Germania e Russia); più consistenti le comunità mennonite in Canada e Stati Uniti; da questi paesi, in epoche diverse, molte famiglie sono emigrate in Messico, Paraguay (regione del Gran Chaco) e da ultimo (1957) in Bolivia; qui sarebbero circa 35 mila, distribuiti in 40 colonie Curiosità: nella comunità amish della Pennsylvania è stato ambientato il noto film di Peter Weir intitolato "Witness-Il testimone" (1985), con Harrison Ford e Kelly McGillis; sui mennoniti della Bolivia si veda l’ottimo servizio fotografico pubblicato sulla rivista "Atlante" nell’agosto 1992.
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