IL MERCATO DOVE IL DENARO NON CONTA
Non c’è lavoro, non ci sono soldi: che fare
per vivere? Si torna ad un’economia di baratto
dove le persone si scambiano beni e servizi
senza utilizzare denaro. Il primo
«club del trueque» dell’Argentina cominciò
a funzionare nel maggio del 1995.
Oggi ce ne sono migliaia, diffusi in tutto
il paese. Per capire come questo sistema
funziona, abbiamo visitato il club che si trova
a «La Boca», noto quartiere di Buenos Aires.
Tra un banchetto di vestiti e uno di torte,
ecco ciò che la gente ci ha raccontato.
Buenos Aires. La tipica forma
della «bombonera», lo stadio
del Boca Juniors (la squadra
che lanciò Maradona), si nota anche
a distanza. «Attenti a dove andate -
ci mette in guardia il taxista -. Oggi
c’è la partita tra il Boca e il San Lorenzo!
». Le tifoserie delle due squadre
non si amano e per questo spesso
avvengono incidenti.
Ci troviamo a «La Boca», un quartiere
popolare (e turistico) cresciuto
dove il Riachuelo confluisce nel Rio
de la Plata. Siamo qui non per andare
allo stadio o al porto, ma ad un
«club del trueque» (nodo), vale a dire
un mercato con una caratteristica
molto particolare: non prevede l’utilizzo
del denaro.
TUTTI IN FILA
In via Olavarria la fila arriva fino
all’angolo. La gente attende con pazienza
di entrare al numero 486, la
scuola salesiana che ogni domenica
ospita il trueque.
In attesa ci sono soprattutto donne,
quasi tutte cariche di borse e
pacchetti. Come Ilda, che viene dal
vicino quartiere di Barracas ed è accompagnata
da uno dei 4 figli e dal
marito: «Oggi porto vestiti, ma in altre
occasioni cibo. In questo momento
di crisi ognuno si arrangia come
può per sopravvivere».
Ilda, lei parla di sopravvivenza...
«Certo. Se una persona è occupata,
il trueque è un aiuto importante, ma
per chi non ha lavoro (e sono sempre
di più) è una vera ancora di salvezza.
Qui è possibile procurarsi da
mangiare e molte delle cose di cui una
famiglia ha bisogno».
In realtà, in America Latina il
trueque è sempre esistito tra i contadini
e le comunità aborigene.
Però, a partire dagli anni Novanta,
arrivò anche nelle città, afflitte da disoccupazione
e mancanza di denaro.
La gente, accomunata dalle difficoltà,
iniziò ad incontrarsi per
scambiarsi prodotti e servizi.
In Argentina, il primo club nacque
a Bernal, nella provincia di Buenos
Aires, il 1° maggio 1995 per iniziativa
di un gruppo ecologista.
«Tutti i giorni c’è una coda così?»
domandiamo ad una signora che ci
precede nella fila.
- Sì, la domenica è sempre così.
Questo è uno dei nodi principali.
- E quanti nodi ci sono in città?
- Moltissimi, ma non saprei
dire quanti esattamente.
Ormai sono diffusi in tutto
il paese.
- Lei che cosa fa?
- Anch’io porto vestiti.
Si porta ciò di cui una persona
dispone in quel momento.
- Vuole prendere qualcosa oggi?
- Vorrei portare a casa qualcosa da
mangiare: pane, verdura, quello
che c’è.
Le persone in fila maneggiano
strani assegni, sul tipo di quelli che
si usano nel gioco del monopoli. Si
chiamano «ticket trueque» e la loro
unità di misura sono i «crediti».
Viviana ci spiega: «Ho cominciato
a vendere perché non avevo un
credito. Adesso posso anche comperare.
Ma non le cose care!».
«Questo posto ha un responsabile?
» chiediamo. «Sì, sì. È quello lì all’entrata».
LE TORTE DEI DISOCCUPATI
Quando finalmente raggiungiamo
l’entrata, siamo accolti da un signore
con capelli nerissimi e baffi. «Horacio
Cavalieri, coordinador» si legge
sul cartellino appiccicato alla maglia.
«Stiamo diventando famosi - ci dice
aprendosi in un ampio sorriso -.
Oggi c’è anche una troupe televisiva
francese a fare delle riprese nel nostro
mercato».
«Il trueque è una risposta concreta
alle esigenze della gente. Siamo il
contrario del governo, che non dà risposte
al bisogno di lavorare. Noi,
invece, siamo generatori di lavoro.
Il principio di base è l’aiuto reciproco.
Migliaia di argentini oggi
stanno vivendo soltanto grazie alla
rete dei club di trueque».
La signora Maria Cristina Marabelli
è un’altra coordinatrice del nodo
de La Boca.
«Come funziona un mercato senza
denaro? Significa che ognuno si
arrangia con quello che sa fare. Tutti
noi abbiamo qualcosa di speciale.
Tutti noi, in un periodo di crisi, abbiamo
interesse ad aiutarci reciprocamente
per creare un sistema autosufficiente.
C’è chi viene al trueque per offrire
i propri prodotti agricoli, chi il cibo
cucinato a casa, chi le proprie
prestazioni di estetista o parrucchiera,
chi le proprie abilità di sarta.
Ma non mancano neppure i professionisti
più accreditati: medici, dentisti,
psicologi».
Lasciamo i coordinatori per aggirarci
un po’ tra le decine di banchetti,
raggruppati all’interno di un
grande capannone e nei cortili esterni
della scuola salesiana. C’è tantissima
gente, che vende di tutto: dai
vestiti ai giocattoli, dalle torte alle
empanadas.
La nostra curiosità non passa inosservata.
Siamo avvicinati da una
signora di bassa statura e corporatura
piuttosto robusta, che ha voglia
di parlare.
- Da dove viene, signora?
- Dalla Sicilia. Mi chiamo Giuseppina
Coppola. Arrivai a Buenos Aires
nel 1951.
- Allora, signora Giuseppina, provi a
spiegarci questo strano mercato...
- Potrà apparire strano, ma è necessario.
Questa crisi dell’Argentina
ci ha riportato indietro nel tempo:
a scambiare le cose. Avete già
visto che qui dentro si può trovare
di tutto.
- Come si regola nelle compravendite?
- Ogni biglietto vale 0,50 di peso. Uno
calcola più o meno quanto può
ottenere dando una cosa e poi torna
a casa con dei crediti che utilizzerà
per avere altre cose.
Oggi sono qui per comprare, ma
di solito vendo. Vendo un po’ di tutto,
ma soprattutto vestiti, perché
mia figlia aveva una boutique. Ha
dovuto chiudere perché non bastavano
i soldi per la luce, l’affitto e tutte
le spese. È rimasta molta merce
che cerco di vendere, anche se in
questo nodo va di più il mangiare.
Per questo a volte faccio delle pizze.
- Il coordinatore ha detto che ci sono
anche professionisti qui.
- Sì, ce ne sono, ma qui non molti, a
parte estetiste e parrucchiere. Io vado
in club dove ci sono anche cardiologi,
dentisti, oculisti. Ogni giorno
della settimana c’è un posto dove
si può andare.
- Questo è un sistema per cercare di
vivere normalmente?
- È un sistema per sopravvivere alla
crisi. Una persona disoccupata non
è obbligata a spendere soldi. Si arrangia
in questo modo vendendo
qualcosa che ha in casa. Prende i
crediti e usa quelli per comprare, soprattutto
cibo. Quello che compra
la gente è soprattutto mangiare.
- Che gente frequenta il trueque?
- C’è gente della classe bassa, ma anche
di quella media. Ci sono sempre
più persone che non hanno nulla da
fare e nulla da mangiare.
- Lei ha famiglia, signora?
- Sì, ho un marito e tre figli.
- Loro cosa dicono?
- Di non fare fatica. Ma a volte non
riescono a capire che anch’io ho delle
esigenze. Ho un figlio in Canada
e qui una ragazza e un ragazzo che
sono sposati e lavorano. Ma non mi
aiutano perché non possono. La situazione
è pessima per tutti. Non
per poche famiglie dei ceti bassi.
Oggi è così per tutti gli argentini.
NUMERI IMPRESSIONANTI
Il trueque non significa soltanto
vestiti, cibo, servizi alla persona. Oggi
il fenomeno ha assunto dimensioni
tali (4.500 club di trueque, 2,5 milioni
di partecipanti, 50 milioni di
ticket trueque in circolazione) che
con i crediti attribuiti dai ticket si
possono comprare terreni, costruire
case, affittare appartamenti, andare
in vacanza e persino pagare le
imposte municipali.
Horacio Cavalieri gonfia il petto
per l’orgoglio quando spiega: «Siamo
ormai la terza moneta del paese
e i crediti vengono accettati anche
in altri paesi latinoamericani
(ad esempio, in Brasile, Cile, Paraguay)
dove funzionano club a noi
associati».
Ci rivolgiamo al giovane che ci sta
accanto e che ascoltava con attenzione
la nostra conversazione.
«Crediamo
profondamente in un’idea
di progresso come
conseguenza
del benessere
sostenibile del maggior
numero di persone»
(princìpi del trueque).
«A me piace molto - ci spiega - la
gente che c’è al trueque, perché si
dà da fare e non si chiude in casa ad
aspettare che le cose cadano dall’alto.
Però sono molto preoccupato
per la situazione del paese, perché
è ovvio che non si può andare
avanti in queste condizioni per tanto
tempo».
«L’Argentina - continua il giovane
- è un paese ricco in tutto. Molto più
ricco dell’Italia per esempio. Abbiamo
grano e petrolio. Sulla nostra
terra basta buttare sementi e le piante
crescono rigogliose È un delitto
trovarci nella situazione in cui siamo
ora».
Grazie ai politici?, chiediamo. «Sì,
grazie ai politici, ma questo ci ha fatto
prendere coscienza di quello che
dobbiamo fare. Ora sappiamo chi
votare e chi no, guardando non alla
bella faccia, ma ai progetti che queste
persone hanno in testa».
Un tifoso del Boca sta offrendo le
maglie della sua squadra. Tutte le
domeniche siete qui?, chiediamo.
«Sì, noi siamo qui tutte le domeniche,
mentre durante la settimana andiamo
in altri trueque di Buenos Aires
e provincia».
«ASSAGGI QUESTA EMPANADA...»
Ci avviciniamo a un banco di cibarie,
molto attraenti...
- Cosa vende, signora?
- Torte, empanadas e tutti i cibi che
la gente mi commissiona.
- Mi stava spiegando che la situazione
economica è pessima?
- Diciamo che, dal punto di vista economico,
siamo schiacciati. Non
c’è lavoro e la mancanza di lavoro
permette che accadano certe cose,
no? Se una persona ha famiglia, in
qualche modo deve sopravvivere. E
una forma di sopravvivenza è quella
del trueque: fare alcune cose che
si sanno fare e scambiarle con altre
di cui si ha bisogno. È anche un modo
per tenersi occupati, per non
chiudersi in casa a dormire.
- Lei lavora qui alla domenica. Negli
altri giorni cosa fa?
- Siccome non c’è denaro, devo fare
altre attività. Vado in altri club a fare
quello che faccio qui.
- Lei crede in questo sistema?
«Crediamo che
le nostre azioni, prodotti
e servizi possano
rispondere
a norme etiche
ed ecologiche, prima che
ai dettati del mercato,
del consumismo e del
profitto immediato»
(princìpi del trueque).
- Sì, ovviamente. Questa è una buona
soluzione, ma non può essere definitiva.
Speriamo soprattutto che ci
sia una ripresa del mercato del lavoro,
perché ognuno possa guadagnarsi
il pane con il sudore della
propria fronte.
«Ho paura, perché se continuiamo
su questa strada non c’è futuro.
Cosa diranno gli argentini ai loro
bambini? Io ho tre figli e tre nipoti.
Ho sempre lavorato, anche quando
studiavo giornalismo. Ora mi trovo
qui a un banchetto a vendere torte.
Ma non mi arrendo e non mi vergogno,
nonostante i miei studi. Devo
fare questo per sopravvivere.
Però ora basta parlare dei nostri
disastri. Noi argentini siamo già abbastanza
depressi. Assaggi questa
empanada piuttosto...».
(Fine 4.a puntata - le precedenti sono
state pubblicate in maggio, giugno
e luglio)
GLOSSARIO MINIMO
trueque: oggi possiamo considerarlo
come una forma evoluta di
baratto, ma la sua origine è antica;
il termine «trueque» deriva dal
verbo «trocar» che significa «scambiare,
permutare, barattare»
prosumidores: sono le persone
che scambiano beni e servizi all’interno
del sistema del trueque
créditos: rappresentano l’unità di
misura dei «ticket trueque», cioè
dei buoni simil-monetari emessi
dal trueque; i ticket funzionano come
strumento compensatore e
sono anche chiamati
«moneta sociale»
coordinador:
è un
membro del
club che apre
la sede e ne facilita
il funzionamento
clubes de trueque:
sono i luoghi fisici
(detti «nodi») della rete del trueque,
dove le persone («prosumidores
») si scambiano beni e servizi
principios del club de trueque: sono
i fondamenti etici su cui deve
basarsi ogni club
www.revistargt.org: è il sito ufficiale
della rete globale
del trueque
IN ATTESA DI MARZO 2003
(e di Carlos Menem?)
12-21 GIUGNO: L’FMI SI DICE DELUSO
Una delegazione del «Fondo monetario internazionale
» (Fmi) fa visita al governo argentino,
per cercare un accordo sugli aiuti finanziari,
congelati dal dicembre 2001. La discussione
non approda a risultati positivi. Il direttore
generale dell’Fmi, Horst Köhler, si dichiara
deluso dall’Argentina.
26 GIUGNO: SCONTRI E MORTI
Una protesta dei piqueteros si trasforma in tragedia.
La polizia attacca i dimostranti sul ponte
di Pueyrredón, nei pressi del quartiere di
Avellaneda, nella periferia sud di Buenos Aires.
Due piqueteros (Dario Santillán e Maximiliano
Costeki) rimangono uccisi, altri 90 feriti, 173
vengono arrestati.
2 LUGLIO: INDETTE ELEZIONI ANTICIPATE
Con un breve discorso pronunciato alla radio e
in televisione il presidente Eduardo Duhalde
annuncia le elezioni generali per il marzo
2003, sei mesi prima della naturale scadenza
della legislatura.
3 LUGLIO: DI NUOVO MENEM?
In un’intervista al Clarin, l’ex presidente Carlos
Menem confessa l’intenzione di presentarsi
come candidato alle prossime elezioni presidenziali.
A dicembre, nelle primarie interne del
partito giustizialista (i peronisti), dovrebbe battersi
con l’attuale presidente Eduardo Duhalde.
4-5 LUGLIO: TRA MERCOSUR ED ALCA
A Buenos Aires si incontrano i paesi appartenenti
al Mercosur («Mercato comune del sud»):
Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, con la
presenza anche di Bolivia, Cile e Messico. Si
cerca (inutilmente) una strategia comune per
affrontare la crisi economica e finanziaria.
L’influenza del Mercosur,
già debole, è destinata
ad annullarsi, qualora
dovesse andare in porto
la nascita dell’Alca («Area di libero scambio
delle Americhe»), fortemente voluta dagli Stati
Uniti.
9 LUGLIO:
«L’ARGENTINA AL LIMITE DEL TRACOLLO»
In occasione dell’anniversario dell’indipendenza,
il presidente Duhalde tiene a Tucumán un
discorso incentrato sull’orgoglio nazionale:
«L’Argentina è in pericolo e al limite di un tracollo
epico, mai conosciuto prima. Gli argentini
sono passati dal sogno all’incubo: il Primo
mondo, al quale erano sicuri di appartenere, li
sta espellendo. Soltanto uniti possiamo tornare
ad essere una nazione libera e sovrana.
Soltanto uniti possiamo affrontare la favolosa
epopea della ricostruzione della patria».
11 LUGLIO: SEMPRE MENO LAVORO
I dati di Indec (riferiti a maggio 2002) parlano
di un ulteriore peggioramento della situazione
economica: 3,2 milioni di argentini sono disoccupati,
3,05 milioni sottoccupati, cioè il 45%
della popolazione attiva del paese ha problemi
di lavoro.
11 LUGLIO: LE «BASI PER LA RIFORMA»
La «tavola del dialogo» (organo consultivo tra
chiesa cattolica e governo) presenta il documento
«Basi per la riforma». Con esso si chiedono
soluzioni profonde e a lungo termine per
costruire una società più equa, che risolva l’emergenza
sociale. Per arrivare a questo è
necessario realizzare, in contemporanea con le
presidenziali del marzo 2003, anche un rinnovamento
di tutti gli incarichi elettivi, nazionali,
provinciali e municipali (*).
(*) La cronologia storica dell’Argentina è stata
pubblicata su MC nella puntata di maggio 2002.
CONTAGIO SÌ, CONTAGIO NO,
CONTAGIO FORSE
Il timore c’è tutto. Brasile, Uruguay, Cile guardano con crescente
preoccupazione alla crisi argentina, mentre altri paesi latinoamericani
(Paraguay, Bolivia, Ecuador, Perù, Venezuela) sono già al collasso
per proprio conto.
In Brasile, il paese economicamente più importante, la situazione è
grave, ma drogata dalle imminenti elezioni presidenziali. Le agenzie
di rating internazionale (quelle che valutano quanto sia conveniente
investire) hanno alzato il «rischio paese», anche in considerazione di
un’eventuale vittoria di Lula, leader del «Partito dei lavoratori» (Pt),
che a loro dire non darebbe garanzie sul debito estero. Ancora più esplicito
è stato il megaspeculatore statunitense George Soros, secondo
il quale, se il Brasile vuole evitare il caos, sarà obbligato ad eleggere
José Serra, il candidato scelto dagli Stati Uniti e dal mercato finanziario
(1).
Detto per inciso, varrebbe la pena di chiedersi: perché le agenzie di
rating si esprimono con grande rapidità e severità quando si tratta di
giudicare persone o istituzioni a loro non graditi, ma tacciono quando
si tratta di valutare il comportamento di grandi gruppi multinazionali?
(2)
In questa ennesima crisi del sistema neoliberista ancora una volta risulta
fondamentale il doppio ruolo ricoperto dal Fondo monetario internazionale
(Fmi): da un lato primo artefice del collasso, dall’altro potenziale
(e presunto) salvatore.
L’esempio argentino è molto istruttivo al riguardo. Durante il decennio
di Carlos Menem (che, tra l’altro, pare voglia ripresentare la propria
candidatura), l’Fmi considerava l’Argentina uno degli allievi più
bravi, soprattutto perché obbediva in pieno alle proprie direttive (le
privatizzazioni in primis) (3). Poi quello studente tanto elogiato è entrato
in coma e al suo capezzale si è presentato, come niente fosse, lo
stesso carnefice...
(1) Sulle gravi irregolarità della campagna elettorale brasiliana si veda il
quindicinale «Adista» dell’8 luglio 2002.
(2) Si pensi ai recenti scandali planetari che hanno avuto come protagoniste
due (ma molte altre sono sospette) grandi multinazionali statunitensi,
la Enron (energia) e la WordlCom (telefonia). I più penalizzati dagli imbrogli
contabili sono stati i dipendenti delle compagnie e i piccoli investitori di
borsa.
(3) Le privatizzazioni volute dall’Fmi hanno creato molti problemi anche in
Perù, dove il presidente Toledo, lo scorso giugno, ha dovuto sospendere
la vendita di due imprese elettriche pubbliche in seguito alla violenta opposizione
della popolazione.
CHE NON PREVALGA LA «VIVEZA CRIOLLA»
(ovvero barattare sì, barare no!)
La parrocchia «Nuestra Señora de
Pompeya» (Merlo) è una delle
prime fondate e rette dai missionari
della Consolata nel Gran Buenos
Aires. Conta circa 60 mila abitanti.
Riassume tutta la realtà di disoccupazione,
impoverimento, violenza
e… ricerca di modi per far fronte alla
situazione disastrosa abbattutasi
recentemente sull’Argentina.
Per quanto riguarda il «trueque», in
due dei quattro centri pastorali la
parrocchia ha dato spazio a questo
strumento di sopravvivenza nell’emergenza.
Peraltro, nell’accettare
la richiesta da parte dei coordinatori
di poter funzionare all’interno
delle nostre strutture, abbiamo sentito
il bisogno di chiarire con loro,
sin dall’inizio, l’impegno all’onestà,
affinché il trueque, basato fondamentalmente
sulla solidarietà, non
fosse svilito dalla tentazione di approfittarsene,
considerando soprattutto
il contesto di povertà generalizzata.
Purtroppo la stessa situazione
di povertà e miseria crescenti,
a volte, inducono al «si salvi chi può
e in qualsiasi modo», magari anche
imbrogliandosi fra poveri.
E poi c’è anche l’altro comportamento
nazionale, denominato «viveza
criolla», cioè la furbizia malintenzionata
che, in relazione all’attuale
grave crisi nazionale, ne è una
delle con-cause. Questo pericolo
può diventare molto concreto nel
momento in cui i politici (come, ad
esempio, stanno già facendo alcuni
sindaci) si impossessano dell’idea e
finiscono per svuotarla del contenuto
e creare «trueques truchos»
(truccati, falsati).
Abbiamo tradotto «trueque» con
baratto, barattare: viene allora
spontaneo ricordare: «Attenti a non
barare». Inoltre, giocando con le parole,
se al termine italiano baratto
togliamo una «t», abbiamo «barato»,
che in castigliano vuol dire economico,
cioè non caro. Ecco, è importante
che nel baratto tutto sia «más
barato», più a buon mercato, perché
sia veramente conveniente. Dato
che riceviamo lamentele dei partecipanti
al trueque circa i prezzi di alcuni
articoli quasi più cari di quelli
che si trovano nei negozi di quartiere,
sentiamo il dovere di farlo
presente ai coordinatori.
Nell’articolo principale si accenna al
baratto come forma abituale di sussistenza
delle comunità indigene.
Gli indios tobas della Colonia
Aborigen (con cui ho
lavorato per anni) sono soliti
portare in paese, a Machagai,
nostra ex parrocchia,
i loro prodotti, ma lo
scambio non si svolge quasi
mai in parità di condizioni:
consegnando un bel
carico di zucche, pompelmi,
manioca o altri prodotti,
gli indigeni si ritrovano
poi con un pezzetto
di carne o un po’ di zucchero
o yerba mate. I forti
e i furbi l’hanno sempre
vinta.
P. GIUSEPPE AULETTA,
DA MERLO (BUENOS AIRES)
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