Per un’«ecologia dell’informazione»
Oggi anche
l’informazione è una merce. Spesso distribuita in un regime di
monopolio e priva di una qualità essenziale: la veridicità. Ecco cosa
propongono Ignacio Ramonet, direttore de «Le Monde Diplomatique»,
Roberto Savio, presidente dell’agenzia giornalistica internazionale
IPS, e lo scrittore spagnolo Manuel Vasquez Montalban. Che concordano
su un punto fondamentale: un altro mondo sarà possibile solo con
un’altra informazione. A meno che non si considerino le notizie della
CNN come l’esempio da imitare.
Porto Alegre.
Le borse danzano pericolosamente su teste e tastiere. Le pance provano a
ritrarsi per tentare di passare nei pochi centimetri che separano una
postazione di computer dall’altra. Ci si muove a fatica nella sala
stampa del Forum. L’hanno sistemata in posizione strategica (ovvero di
fronte ai grandi saloni delle conferenze), l’hanno attrezzata con
computer nuovi fiammanti, ma hanno esagerato a comprimere gli spazi. O,
forse, non hanno previsto che al secondo appuntamento di Porto Alegre
si sarebbero presentati 3.000 giornalisti da 50 paesi. Già,
l’informazione. Una delle tematiche a cui gli organizzatori del Forum
hanno lasciato più spazio, per cercare di rispondere a una serie di
difficili quesiti. Negli spazi dello splendido campus della Pontificia
università cattolica (la Puc, sede principale del Forum) sull’argomento
si sono susseguite conferenze, dibattiti, seminari. Proviamo allora a
riassumere i termini della discussione attraverso le tesi sostenute da
alcuni dei principali relatori.
LE NOTIZIE? BREVI, SEMPLICI, LEGGERE Si
dice: nell’era della globalizzazione, l’informazione è una merce come
un’altra. Una simile affermazione corrisponde al vero? Tutti i relatori
hanno concordato che (purtroppo) questa è una tendenza ormai
consolidata. In un processo di globalizzazione di tutto e tutti, anche
l’informazione è diventata una merce che circola secondo le leggi del
mercato: domanda e offerta. Le multinazionali della comunicazione
hanno fissato le caratteristiche del prodotto-informazione. Come
debbono essere, allora, le notizie? «Brevi, semplici, leggere» ha
spiegato Ignacio Ramonet. Ciò produce conseguenze rilevanti. Secondo il
giornalista francese, tutto è ridotto a schemi elementari. Come si nota
nell’informazione che riguarda il Sud del mondo. I paesi del Sud sono
rappresentati soltanto a tinte forti. Come un paradiso quando si parla
dei loro prodotti (il caffè, le banane ecc.) o delle loro attrattive
turistiche. Come un inferno nelle uniche occasioni in cui la
televisione si occupa di loro e cioè in concomitanza con tragedie
naturali, guerre civili, genocidi, colpi di stato. Questa descrizione
caricaturale confonde le idee, crea stereotipi e, in ultima analisi,
disinforma. Ma - si obietta - ci sono così tanti mezzi d’informazione
che chiunque ha la possibilità di scegliere tra una pluralità di fonti
alternative... Oggi l’informazione si è moltiplicata (soprattutto
grazie alle nuove tecnologie), ma il fenomeno della concentrazione
proprietaria si è accentuato. «La globalizzazione - ha spiegato
Manuel Vasquez Montalban - non è soltanto economica, ma anche
ideologica. L’idea di base (“ha valore ciò che produce lucro”) deve
essere diffusa. Ecco, dunque, il motivo della crescente concentrazione
dei mezzi di comunicazione: la propagazione del pensiero unico
neoliberale». Il calcolo è presto fatto: tanti media in poche mani
significano meno pluralismo e quindi meno diversificazione. Negli Stati
Uniti, per esempio, 5 grandi consorzi detengono il controllo
dell’informazione. Non c’è quindi da stupirsi se i contenuti (e i
messaggi) si assomigliano tutti, proprio come una qualsiasi merce.
NESSUN MESSAGGIO È INNOCENTE «Il
problema con i grandi media - ha precisato Montalban - è “saper
leggere”. In primo luogo, dobbiamo chiederci chi è il padrone del mezzo
e cosa questi vuole proporci. Nessun messaggio è innocente!». La
qualità della notizia è diventata così poco rilevante che le imprese
produttrici tendono a offrire l’informazione gratuitamente. Ma dove sta
allora il business? «Le imprese in realtà - ha spiegato Ignacio Ramonet
- non vendono informazioni ai cittadini, ma questi ultimi agli
inserzionisti». E la veridicità è ancora ingrediente fondamentale? Secondo
Ramonet, oggi esiste una diffusa contaminazione dell’informazione,
tanto grave da riuscire a trasformare la menzogna in verità e la verità
in menzogna. Per questa ragione il direttore de Le Monde Diplomatique
propone di praticare una nuova forma di ecologia: «l’ecologia
dell’informazione », attuata attraverso appositi osservatori istituiti
in ogni paese. Esiste la possibilità di avere una contro-informazione?
Per Roberto Savio, fondatore e presidente emerito dell’agenzia
giornalistica internazionale IPS, a un’informazione fondata sulle
regole della globalizzazione (come il profitto e l’efficienza) è
necessario opporre una informazione basata sui valori dei cittadini:
solidarietà, giustizia, equità e partecipazione. È vero che stanno
apparendo mezzi di comunicazione alternativi, «però - ha confessato
Montalban - è difficile resistere». Internet è, oggi, uno strumento
fondamentale per mettere in comunicazione la società civile, ma va
utilizzato bene. Perché, dopo aver imparato a difenderci
dall’informazione del sistema, occorre non cadere nello stesso errore.
«La controinformazione - ha sottolineato Ignacio Ramonet - deve essere
rigorosa. Altrimenti non serve alla causa».
ALTRO MONDO, ALTRA INFORMAZIONE È
stato detto: un altro mondo sarà possibile solo con un’altra
informazione. Difficile non concordare con questa affermazione. Manuel
Vasquez Montalban ha portato l’esempio della CNN in lingua spagnola (la
famosa televisione statunitense ha anche un canale in questo idioma).
«Il canale nordamericano - ha avvertito lo scrittore spagnolo - sta
seguendo sia il Forum di New York che quello di Porto Alegre. Ma ha un
approccio completamente diverso nei confronti dei due avvenimenti.
Serio per l’evento statunitense, folcloristico per quello brasiliano».
Capito come funziona il meccanismo?
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